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28 settembre 2019
26 gennaio 2020
Nel 1853, il Giappone riapre le sue porte al resto del mondo. Misterioso e diverso, è stato subito amore e ha influenzato l’arte in tutta Europa.
A Palazzo Roverella, un percorso di grande fascino ed eleganza, che attraverso le opere di grandi artisti europei come Van Gogh, Gauguin, De Nittis, Degas e Bonnard, vi porterà alla scoperta di un’arte nuova nata dai capolavori, dalle suggestioni e dalle innovazioni che il Sol Levante ha saputo regalare alla cultura occidentale.
Ti innamorerai anche tu del Giappone?
Utagawa Hiroshige, trentasei celebri vedute del Fuji, Cinquantatré stazioni del Tokaido
Sul finire del XIX secolo la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa all’intera arte europea. Un potente vento di rinnovamento, se non proprio un uragano, che dall’Oriente investiva modelli, consuetudini stratificate nei secoli, conducendo l’arte del Vecchio Continente verso nuove e più essenziali norme compositive fatte di sintesi e colori luminosi.
La svolta avvenne quando, all’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento cominciarono a diffondersi in Europa, e principalmente in Francia, ceramiche, stampe, ed arredi da giardino dall’Impero del Sol Levante che, pochi anni addietro, nel 1853, si era aperto al resto del mondo.
Katsushita Hokusai – La (grande) onda presso la costa di Kanagawa, 1831
Per gli artisti europei, è come aprire un vaso di Pandora fino a quel momento sigillato e inaccessibile che, invece di portare sciagure, rivela ai loro occhi un inestimabile patrimonio artistico e culturale da ammirare, studiare, imitare e dal quale soprattutto, trarre ispirazione.
Paul Gauguin, Fête Gloanec, 1888
capace di influenzare i più svariati settori dell’arte e della cultura occidentali prendendo il nome di Japonisme.
Henri de Toulose-Lautrec, Regina di gioia, 1892
cominciando dalla London World’s Fair del 1862, dove tutto ha avuto inizio e dove è stato possibile ammirare per la prima volta una grande quantità di prodotti del Paese del Sol Levante.
Un trionfo di porcellane, abbigliamento, lacche, stampe ukiyo-e e ventagli che, pochi anni dopo, conquistano anche Parigi (all’epoca la capitale mondiale dell’arte) prima di diffondersi in tutta Europa.
Alois Delug, Jum Jum, 1893
ancora oggi, quasi due secoli dopo l’apertura di quello scrigno, il Sol Levante continua a regalare alla cultura occidentale gemme preziose a cui ispirarsi.
Le città si rinnovano e sui loro muri cominciano a comparire dei cartelloni pubblicitari formati di testo e immagine. Nasce il manifesto.
Nei manifesti fiorisce una raffinatezza alla portata di tutti, un universo alieno invade le strade. Il Giappone diventa lo specchio di una realtà così lontana da diventare modello e guida.
Le preziose stampe e le ceramiche giapponesi circolano infatti anche tra i primi cartellonisti che assimilano i taciti insegnamenti, dando vita ad un linguaggio ibrido e a nuove formule dirompenti.
Questo evento rappresenta un punto fermo nella storia di questo paese perché interseca un processo già in atto: la modernizzazione del Giappone.
Lo scambio con l’Europa, inizialmente animata da pregiudizi, si va via via più totalizzante: il nuovo Giappone, plasmato dalla restaurazione Meiji, aveva destituito la classe samuraica, rinnegando usi e costumi autoctoni aderendo ad un’occidentalizzazione repentina, sinonimo di modernizzazione.
Il Giappone si mostra così all’Europa delle prime Esposizioni Universali come un paese dal doppio volto, teso tra i fili della tradizione e l’ansia di futuro, il Giappone moderno e l’ombra del suo affascinante passato.