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26 febbraio 2022
26 giugno 2022
Un’esposizione senza precedenti in Italia per numero e qualità delle opere presentate: ottanta capolavori del grande maestro russo, di datazione compresa fra il 1900 circa e il 1940, cui si aggiungono dipinti di suoi “compagni di strada”, come Gabriele Münter, Paul Klee, Arnold Schönberg, Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin; e ancora libri in edizione originale, documenti, fotografie, rari filmati d’epoca, cimeli, oggetti d’arte popolare. Tutto questo per svelare l’enigma Kandinskij e seguire le orme del suo cammino creativo, nel rapporto costante con la dimensione musicale e le profonde radici della sua origine russa.
Vasilij Kandinskij, Il Cavaliere (san Giorgio), 1914-1915
Non è stato semplicemente un grande artista. Vasilij Vasil’evič Kandinskij (Mosca, 16 dicembre 1866 – Neuilly-sur-Seine, Parigi, 13 dicembre 1944) è stato un creatore di mondi, ha concepito e plasmato un universo visivo, nuovo e libero, che prima non esisteva: l’astrattismo è forse la rivoluzione più determinante nell’arte del XX secolo. Ecco: sorvolare il mondo nuovo creato da Kandinskji, per cogliere l’arco unitario di quel lento e straordinario percorso artistico e creativo, è l’obiettivo ambizioso di questa mostra che Paolo Bolpagni e Evgenija Petrova hanno curato selezionando 80 opere eccezionali, di datazione compresa fra il 1900 circa e il 1940, che coprono i diversi momenti della carriera di Kandinskji. Ad affiancarle, i dipinti dei compagni che lo hanno accompagnato lungo la strada, come Gabriele Münter, Paul Klee, Arnold Schönberg, Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin, oltre che libri in edizione originale, documenti, fotografie, rari filmati d’epoca, cimeli e oggetti d’arte popolare.
Vasilij Kandinskij, Domenica (Vecchia Russia), 1904
Nei taccuini di quegli anni compaiono disegni di oggetti quotidiani e dettagli di decorazioni delle variopinte case in legno, annotazioni di canzoni e proverbi, preghiere e scongiuri. Iniziò anche a collezionare icone, giocattoli, arcolai, incisioni e stampe popolari (i lubki) che influirono non poco sull’evoluzione della sua arte, come testimonia, ad esempio, l’olio del 1904 Sonntag.
Vasilij Kandinskij, Fiume d’autunno, 1901-1903
È con enorme coraggio quindi che, già trentenne, sposato, con un impiego e un incarico accademico, prende la decisione esistenziale di lasciare il lavoro e addirittura il suo Paese, per dedicarsi alla pittura.
L’intelligenza e l’intuito lo conducono non a Parigi, bensì nell’allora esuberante Monaco di Baviera, dove ripartirà quasi da zero studiando accanto a compagni molto più giovani.
Vasilij Kandinskij, Murnau. Paesaggio estivo, 1909
Uno dei dipinti esposti, Destino (Muro rosso), è un capolavoro del 1909 nel quale Kandinskij torna sugli elementi a lui cari in questi anni, ma soprattutto mira a sperimentare la risonanza delle sfumature cromatiche nello spirito di chi osserva: qui fa ricorso al rosso, “colore della forza sicura di se stessa”. La sua rivoluzione sta iniziando.
Vasilij Kandinskij, Una gita in barca (lago), 1910
Opere straordinarie come Una gita in barca, Improvvisazione 11 e Macchia nera I, realizzate tra il 1910 e il 1912, illustrano bene la sua ricerca: ecco allora la semplificazione della forma, ecco la stilizzazione, ecco la liberazione della forza creativa del colore, chiamato non più a “rappresentare”, ma a evocare sensazioni psicologiche, sonore, tattili.
Vasilij Kandinskij, Cavaliere, inizio degli anni Dieci
Una settimana dopo, nella galleria Thannhauser di Monaco di Baviera, si apre la prima mostra del gruppo Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), di cui fanno parte, oltre a Kandinskij, artisti come Paul Klee, Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin, Gabriele Münter, Franz Marc e August Macke. A unirli non sono né obiettivi né un linguaggio comuni ma la ricerca di una necessità interiore. L’obiettivo è illustrare l’estrema varietà di forme espressive possibili e il rifiuto di un accademismo incapace di toccare le corde dell’anima.
Arnold Schönberg, Alleanza, 1910
Una settimana dopo, nella galleria Thannhauser di Monaco di Baviera, si apre la prima mostra del gruppo Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), di cui fanno parte, oltre a Kandinskij, artisti come Paul Klee, Alexej von Jawlensky, Marianne von Werefkin, Gabriele Münter, Franz Marc e August Macke. A unirli non sono né obiettivi né un linguaggio comuni ma la ricerca di una necessità interiore. L’obiettivo è illustrare l’estrema varietà di forme espressive possibili e il rifiuto di un accademismo incapace di toccare le corde dell’anima.
Vasilij Kandinskij, L’uccello di fuoco, 1916
È un mondo in cui il colore si libera della linea, non ha più nessuna funzione rappresentativa ma è un mezzo autonomo, che serve a suscitare sensazioni, a manifestare l’animo dell’artista, le sue percezioni non solo visive ma anche sonore, tattili, psicologiche. Nel frattempo, mentre Kandinskji realizza la sua pacifica rivoluzione artistica, il mondo fuori ne ha in serbo di ben più cruente: la situazione politica precipita, scoppia la prima guerra mondiale e così Kandinskji, alla fine del 1914, dopo alcuni mesi trascorsi in Svizzera, decide di tornare in patria e si stabilisce a Mosca.
Vasilij Kandinskij, Ovale bianco, 1919
Insufflandolo delle sue idee, concepisce anche un piano di studi fondato sull’analisi della geometria e del colore e sulla correlazione di quest’ultimo con la musica. L’aria di casa lo ispira: sono infatti gli anni dei suoi massimi capolavori come Composizione, del 1916, e i due “ovali” del 1919, Ovale bianco e Due ovali, nel secondo dei quali già si intravede una tendenza alla semplificazione geometrica dell’immagine, come se fra figura e sfondo riemergesse una dialettica che, in precedenza, era stata annullata.
Vasilij Kandinskij, Amazzone con i leoni blu, 1918
Ecco allora le piccole bagatelle, eseguite a olio su vetro nel 1918, che non solo gli davano piacere con la loro semplicità e bellezza ma gli servivano anche per fare una pausa nel processo di costante riflessione e ricerca astrattista. Sono composizioni che riprendono i temi e il mondo fiabesco russo che era già stato oggetto della sua attenzione all’inizio del secolo, ma ora con una maggiore geometrizzazione.
Vasilij Kandinskij, Croce bianca, 1922
Nella sua pittura, frattanto, la geometrizzazione, inizialmente solo accennata, diventa predominante: lo si nota nelle prime opere realizzate al ritorno in Europa, come le dodici tavole di Kleine Welten (Piccoli mondi), edite a Berlino nel 1922, a cui seguì una tela magistrale come Weißes Kreuz (Croce bianca), anch’essa in mostra, che Peggy Guggenheim vorrà nella propria collezione. Un altro cambiamento era nell’aria ma, perché il germoglio di un “nuovo” Kandinskji sbocciasse, serviva un terreno culturale fertile e il giusto clima intellettuale: Kandinskji trovò entrambi 300 chilometri a sud ovest di Berlino, in una scuola d’arte e design di Weimar. Il suo nome era Bauhaus.
Vasilij Kandinskij, Nodo rosso, 1926
Kandinskji mette a fuoco il nuovo Kandinskji in un libro del 1926, il cui titolo, Punto e linea sulla superficie, rivela molto della direzione presa dalla sua pittura: nel periodo di Weimar, infatti, oltre a un certo gusto per le cromie fredde, prendono il sopravvento elementi come il cerchio, l’angolo, le linee curve e rette. Eppure, nonostante il geometrismo, il fondamento della sua arte continua a essere l’irrazionalismo, in obbedienza al quale le sue scelte espressive restano pur sempre determinate da una sorta di intuizione.
Vasilij Kandinskij, Grande resurrezione, 1911
È una presentazione poetica e grafica del suo itinerario di artista che però non ripercorre l’evoluzione del suo stile ma si concentra piuttosto sul suo percorso spirituale, le cui fonti sono le “impressioni”, le “improvvisazioni” e le “composizioni”. È quasi un’opera di sintesi, in cui si incontrano immagini e testo, incisioni e poesie, e narrazioni popolari si alternano a storie mitiche, rivelazioni oniriche ed esperienze di vita quotidiana.
Vasilij Kandinskij, Punto e linea sulla superficie, 1926
La prima è un video che il regista Hans Cürlis, pioniere del documentario d’arte, gira nel 1926 e nel quale Kandinskij è ripreso mentre dipinge nei locali della Galerie Neumann-Nierendorf di Berlino. Era il periodo dell’insegnamento al Bauhaus. Proprio quell’anno usciva il suo libro Punto e linea sulla superficie. Le linee rette e curve che vediamo nascere fluidamente nel breve cortometraggio sono quelle tipiche del Kandinskij degli anni Venti. A seguire, un filmato del dicembre 1963, di circa quattro minuti, in cui Nina Kandinskij, vedova del pittore, spiega a un intervistatore le regioni della causa legale da lei intentata contro il libro Der Blaue Reiter di Lothar-Günther Buchheim. Al di là della contingenza del caso, emergono alcune informazioni preziose: la sottolineatura dell’assenza di ogni componente politica nell’arte del marito, il suo ruolo nel “Cavaliere azzurro”, il periodo in Russia nella seconda metà degli anni Dieci, un asciutto ma efficace ricordo personale.