17 Giugno 2024
Tra genio artistico e demoni interiori
La lotta personale
Nonostante il suo straordinario talento, la vita di Toulouse-Lautrec fu segnata da tragedie personali struggenti e il successo ottenuto grazie ai manifesti non lo fermò certo dal bere.
La sua lotta con l’alcolismo e le sue condizioni di salute precarie lo portarono alla rovina fisica e spirituale, culminando in una morte prematura in un ospedale psichiatrico a soli 36 anni. Tuttavia, nonostante le sue sofferenze, Henri continuò a creare, a esprimere la sua arte fino all’ultimo respiro.
Henri de Toulouse-Lautrec, À Grenelle: L’attente, 1887 circa, olio su tela. Williamstown, Sterling and Francine Clark Art Institute
© Clark Art Institut
La parabola dell’autodistruzione e la consapevolezza della fine
Nella sua autodistruzione per mezzo dell’alcol, però, non ci sono i segni della dannazione tipici dei poeti maledetti, la cui opera, quella di Baudelaire su tutti, ispirava non pochi colleghi di Lautrec: è come se l’ottima educazione ricevuta e l’ironia istintiva lo avessero sempre fermato sulla via della rabbiosa dissipazione di sé.
La dissipazione, comunque, rimane ed è inarrestabile: verso la fine dell’800 Lautrec beve ormai senza più freni, è logorato, invecchiato, soffre di allucinazioni, amnesie, delirium tremens. La vitalità effervescente lo abbandona lasciandolo sgasato e irritabile.
Ai tempi avevano già inventato anche le cliniche che oggi chiamiamo “rehab”, dove disintossicarsi da alcool o droghe, ed è in una di queste, a Neuilly, che sua madre lo fa ricoverare nel 1899. A Parigi si grida allo scandalo, col risultato che le sue quotazioni salgono, essendo già stato inventato anche il perverso rapporto tra il valore di un’opera e il permanere in vita del suo autore.
Con quel Memento Mori inciso nelle ossa fin dall’infanzia, Toulouse-Lautrec è consapevole che sta morendo. Dopo due mesi in clinica sta molto meglio e ricomincia a dipingere ma lo fa con l’intento di chi sa che il tempo che gli resta si misura in giorni e non in anni, per cui si dedica a portare a termine le opere incompiute e a riordinare il materiale nel suo studio.
A marzo del 1901 ha un ictus che lo lascia paralizzato alle gambe costringendolo su una sedia a rotelle. Il 15 agosto viene colpito da un’apoplessia. Il 9 settembre, alle due e un quarto del mattino, muore tra braccia della madre.
Il giorno successivo, a cadavere ancora caldo, su Le Courrier Français, si legge: “Come ci sono amatori entusiasti delle corride, delle esecuzioni capitali e di altri spettacoli desolanti, vi sono amatori di Toulouse-Lautrec. È un bene per l’umanità che esistano pochi artisti di questo genere”.
Anche dopo la sua morte, i giornali francesi continuano ad alimentare la narrazione dello gnomo bohémien, del laido, del depravato, dell’infelice in cerca di evasioni, del gran signore annoiato… Oggi sappiamo che Toulouse-Lautrec non fu solo quello, sfuggente a tutte le mode, ebbe in simpatia i rinnovatori liberi, non ebbe maestri, non volle allievi e che per capire la sua arte, forse, serviva tempo.
CHARLES MAURIN, L’Aurore du rêve – Les Fleurs du mal de Ch. Baudelaire o L’Amour spirituel, 1891 circa, olio su tela, Saint-Étienne, Musée d’Art moderne et contemporain
L’eredità artistica
A oltre un secolo dalla sua morte, la figura di Toulouse-Lautrec emerge dall’oscurità delle narrazioni superficiali e stereotipate. Per comprendere appieno la sua opera, è, infatti, necessario scavare al di là della superficie e immergersi nel suo universo creativo, così esterno dalle mode del suo tempo e sostenitore di una visione artistica unica e innovativa.
Toulouse-Lautrec ha dimostrato, infatti, che l’arte si può fare arte anche con gli oggetti più comuni, come lui faceva con ogni mezzo, dai manifesti ai biglietti di invito: la sua eredità artistica vive ancora oggi, un testamento della sua straordinaria forza e della sua capacità di trovare bellezza anche nella più oscura delle circostanze.
Sebbene la sua genialità sia stata riconosciuta solo dopo la sua morte, Toulouse-Lautrec ha avuto un costante sostenitore sin dall’inizio, sua madre, che ha compreso e apprezzato la sua arte fin dall’infanzia. È grazie al suo impegno e al lavoro dell’amico di una vita, Maurice Joyant, che nel 1922 fu inaugurato il museo a lui dedicato ad Albi e che segnò il riconoscimento ufficiale e definitivo del genio di Toulouse-Lautrec.
Questo riconoscimento si unisce all’importanza di mostre come quella che accoglie oggi Palazzo Roverella, contribuendo a preservare e valorizzare l’eredità di un artista straordinario che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte.