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19 settembre 2020
14 marzo 2021
Asini volanti, musici strampalati e commoventi paesaggi sconfinati. Per la prima volta in Italia apre, nelle sale di Palazzo Roverella, un’importante esposizione, promossa da Fondazione Cariparo, Comune di Rovigo e Accademia dei Concordi, dedicata uno degli artisti più amati del Novecento, Marc Chagall, e all’influsso esercitato sulla sua opera dalla grande tradizione culturale russa, con la sua ricchezza di immagini e leggende.
I maggiori capolavori dei musei russi di Mosca e di San Pietroburgo, oltre a una generosa selezione di opere provenienti dalla collezione privata dell’artista, verranno accostati a una scelta di icone, in cui si esprime la vetta più alta della spiritualità russa, e di lubki, le vignette popolari così ampiamente diffuse ai tempi di Chagall.
Marc Chagall, Buongiorno Paris, 1939-42
Palazzo Roverella sta per trasformarsi in un teatro dei sogni nel quale andrà in scena l’opera di uno degli artisti più grandi e visionari del Novecento, Marc Chagall (Lëzna, 7 luglio 1887 – Saint-Paul-de-Vence, 28 marzo 1985). Prendete posto, e preparatevi a fluttuare nel mondo onirico, magico e fiabesco evocato dalle oltre cento opere presenti, tra cui alcuni dei suoi capolavori imprescindibili, come Passeggiata, Ebreo in rosa, Il matrimonio, Il gallo, Il guanto nero, oltre che le venti tavole che illustrano la sua precoce e dolorosa autobiografia Ma vie.
Marc Chagall, Pioggia, 1911
Proprio come la vita dell’artista, anche la mostra è divisa in due parti che seguono l’evoluzione del suo stile: maggiormente realistico quando ancora viveva in Russia, via via più onirico durante l’esilio, quando animali, case, villaggi e fiori del suo passato continueranno ad accompagnarlo, filtrati dalla memoria e rielaborati in una sorta di realismo poetico.
Marc Chagall, Autoritratto davanti a casa, 1914
Il giorno stesso il villaggio viene attaccato dai cosacchi durante un pogrom e la sinagoga data alle fiamme. Un evento che Chagall rievocherà spesso con le parole «Io sono nato morto».
Per mantenersi e pagarsi gli studi a San Pietroburgo, oltre alle insegne per negozi, inizia a dipingere le sue prime opere originali. Rimane in città fino al 1910, anche se, di tanto in tanto, fa ritorno al paese natio dove, nel 1909, incontra l’amore della sua vita e sua futura moglie, Bella Rosenfeld.
Marc Chagall, Domenica, 1952
Un anno più tardi, a La Ruche, entra in contatto con la comunità artistica del vicino quartiere di Montparnasse e stringe amicizia con Guillaume Apollinaire (che definirà la sua opera “soprannaturale”), Robert Delaunay, Fernand Léger e Blaise Cendrars, il poeta che, da allora in poi, darà i titoli a tutte le sue opere francesi.
«Nessuna Accademia avrebbe potuto darmi ciò che ho scoperto divorando le esposizioni di Parigi, le sue vetrine, i suoi musei», dirà in seguito Chagall, «come una pianta ha bisogno di acqua, così la mia arte aveva bisogno di Parigi».
Marc Chagall, L’ebreo rosso (L’ebreo in rosa) 1914-15
Otto anni ricchi di forti emozioni.
Nel 1915 sposa Bella Rosenfeld e un anno dopo nasce sua figlia Ida. Dipinge opere celeberrime come L’Ebreo in rosa, La passeggiata, Compleanno, nel 1917 prende parte attiva alla rivoluzione d’ottobre ed espone in alcune importanti collettive. Viene anche nominato Commissario dell’arte per la regione di Vitebsk, dove fonda una Libera Accademia d’Arte e il Museo di arte moderna.
La situazione arriva a un punto tale che, nel 1920, è costretto a dimettersi e a trasferirsi con moglie e figlia, a Mosca, dove il governo gli affida l’insegnamento dell’arte agli orfani di guerra.
Marc Chagall, Il mondo sottosopra, 1919
Il libro viene pubblicato in Francia nel 1931, illustrato con venti tavole che l’artista incide a Berlino in collaborazione con lo stampatore Cassirer. L’opera, realizzata al momento del definitivo allontanamento dalla sua patria, costituisce una sorta di compendio dei temi e delle immagini russe che Chagall intende portare con sé nell’esilio.
Pur lontana, infatti, la Russia rimarrà per lui il luogo delle radici, di un amore che avverte deluso e che sogna di potersi realizzare. Non è un caso se la sua autobiografia si concluda con le parole «Anche la mia Russia mi amerà», le stesse che danno il titolo a questa mostra.