6 Marzo 2020
La grande arte non si ferma. A Rovigo arriva Chagall
Cresce l’attesa per uno dei pittori più amati del Novecento. Il 4 aprile, a Rovigo, al via Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà, la prima mostra monografica di Palazzo Roverella.
“La felicità non è felicità senza una capra che suona il violino…”
Il personaggio di Anna Scott, interpretato da Julia Roberts in Notting Hill dice questa frase indicando il famoso quadro di Marc Chagall La mariée. Un esempio che testimonia la grandezza della fama di questo artista che è riuscito a penetrare con il suo universo fantastico nell’immaginario collettivo anche più pop.
A Marc Chagall è dedicata la prima monografica di Palazzo Roverella che dal 4 aprile ospiterà la mostra “Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà.
A cura di Claudia Zevi, oltre cento opere tra dipinti su tela, su carta, incisioni e acqueforti, opere figlie della nostalgia della sua patria, la Russia. Capolavori che provengono dagli eredi dell’artista e dai più grandi musei europei come la Galleria Tretyakov di Mosca, il Museo di Stato Russo di S. Pietroburgo, il Pompidou di Parigi, la Thyssen Bornemisza di Madrid e il Kunstmuseum di Zurigo e da importanti e storiche collezioni private.
Le sale di Palazzo Roverella ospiteranno i più grandi capolavori dell’artista, dalla “Passeggiata” all’”Ebreo in rosa”, a “Il Gallo”e il “Guanto nero”, portando alla luce l’influenza che la potente cultura popolare russa ha avuto su tutta l’opera di Chagall.
La Russia rimane il luogo delle radici di Chagall, della memoria di un amore che avverte deluso e che sogna potersi realizzare
Una favola magica
Il patrimonio culturale della profonda Russia, con la sua ricchezza di immagini e leggende, emerge in una sorta di realismo poetico dove il canto di un gallo, capre, violini, rabbini e favole campestri distillano temi giganteschi come la fede, le passioni, la morte, la salvezza. Una storia del destino dell’uomo nei colori di un genio visionario, anima errante in un mondo in bilico fra tradizione e modernità.
La Russia, il dolore di non poter ritornare che è l’etimologia stessa della parola nostalgia, è presente in ogni sua opera, da “Ma Vie”, il ciclo di 20 tavole che illuminano la sua precoce e dolorosa autobiografia a “Le anime morte” di Gogol, il più profondo sguardo sull’anima russa della grande letteratura.
L’opera è un processo di rielaborazione continua, il tentativo mai sopito di riallacciare i fili della memoria, di tendere ponti. Quello di Chagall si configura come un percorso di recupero di un corpus di immagini e leggende, coniugate con il misticismo fantastico della tradizione chassidica.
Marc Chagall morirà molto anziano e il suo linguaggio ci parla ancora, forse proprio per il suo essersi tenuto in dialogo con le avanguardie senza mai partecipare della loro carica dissacrante. La sua è una pittura che rimane al passo con il modernismo ma senza mai aderirvi del tutto. L’utopia e la tradizione, il passato e il futuro stanno l’uno di fianco all’altro senza scarti, dando vita ad un’esperienza emotiva rafforzata dalla definizione formale.
La sua Russia, il luogo delle radici, del dolore e del distacco rimane punto fermo e sogno vagheggiato. E le parole con cui si conclude la sua autobiografia illustrata “anche la mia Russia mi amerà” suonano come una profezia. L’esilio sarà definitivo ma l’amore per questo artista originale e atipico permane, mostrandosi capace di valicare molti confini.