L’arte dal Simbolismo alle Avanguardie
1 aprile 2021
4 luglio 2021
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È davvero possibile ascoltare la musica con gli occhi? Si può dare forma al suono e colore all’invisibile? Domande come queste hanno generato una lunga storia di relazioni tra le arti figurative e quelle sonore. Le abbiamo esplorate. E siamo pronti a raccontartele con un “approccio polifonico“. Scoprirai capolavori di grandi maestri come Kandinskij, Renoir, Chagall, Klee, Kokoschka, Boccioni, Balla, Segantini, Casorati, oltre a preziosi disegni di Picasso, Klimt e Le Corbusier. Musica per i tuoi occhi!
Paul Emile Berthon, Concerto mistico, 1901
Il tema dei rapporti tra la musica e le arti visive nell’età contemporanea ha conosciuto negli ultimi decenni una rinnovata fortuna critica e storiografica. A cominciare dal “wagnerismo”, fortunatissimo filone artistico che si rifà esplicitamente all’opera e alle dottrine estetiche del grande compositore tedesco, la musica è stata spesso un elemento ispiratore per gli artisti tra Otto e Novecento. Esempi possono essere individuati tra i simbolisti italiani e stranieri, la Secessione viennese, nonché i cubisti – in particolare Picasso e Braque – i cui dipinti con strumenti musicali offrono un interessante motivo di riflessione e nelle correnti del Neoplasticismo, Dadaismo
Hans Thoma, Violinista al chiaro di luna, 1897
Paesaggi ispirati ai “notturni” di Chopin o ai “chiari di Luna” di Beethoven, dove la realtà fisica si traduce in immagini che avvolgono luoghi e figure in un’unità di armonie e “sinfonie cromatiche”.
Ma anche il mito del musicista come eroe travagliato e folle. Titanico, come Richard Wagner, o maledetto, come Beethoven.
Leo Putz, Parzifal, 1900
La potenza evocativa dei suoi drammi, il suo ideale di “opera d’arte totale”, la sua stessa persona, hanno ispirato una sterminata produzione di quadri, stampe, incisioni, sculture e illustrazioni.
Alois Kolb, Ritratto di Beethoven, 1909
l’emblema del musicista folle, maledetto, genio incompreso. Ma Beethoven non fu solo corpo: il compositore diventa il motore immobile, invisibile, di opere in cui protagonista è la sua musica o addirittura la sua assenza.
Emilio Mantelli, Fedra, 1913
Il cambiamento della sensibilità artistica a cavallo del Novecento, inoltre, modificò profondamente il modo di percepire, trasmettere e rappresentare le passioni, condannando l’opera lirica ad avere sempre meno rilevanza.
Al suo declino, però, fece da contrappunto l’ascesa della cartellonistica: fu un periodo d’oro per i manifesti operistici, merito sia dell’affinamento dei procedimenti di stampa che della bravura di artisti come Aleardo Villa, Adolfo De Carolis, Giuseppe Palanti e Leopoldo Metlicovitz.
Arnold Schönberg, Carte da gioco fatte a mano, 1909
una rivoluzione artistica, politica, sociale e culturale, che ha interessato l’area austro-tedesca. Per i suoi esponenti la componente musicale riveste un’importanza molto forte.
E così, mentre la fascinazione per il compositore Franz Schubert si aggiunge a quella per Wagner e Beethoven, fioriscono le raffigurazioni allegoriche.
Giacomo Balla, Bozzetto per “Feu d’Artifice”, 1917
Russolo, ad esempio, oltre che pittore e incisore, fu anche compositore e ideatore di brani che prevedevano l’uso di “intonarumori”, macchine appositamente costruite per generare rombi, ronzii, crepitii, scoppi.
Mentre Giacomo Balla progetterà e realizzerà una consolle con cui gestire le 76 combinazioni di luce colorata che sostituivano i ballerini, nella scenografia da lui ideata per un “balletto di sole luci” sulle note di Stravinskij.
Otto Gustaf Carlsund, Composition aux instruments dans un ovale, 1926
Inoltre, introducono nella pittura la dimensione del “tempo”, tipicamente associata alla musica. Dall’esperienza del Cubismo discenderà il Purismo dove si auspica che “tutto in un’opera d’arte sia e sembri una risoluzione pura”.
Il risultato? Opere che si presentano come vere e proprie architetture di oggetti, spesso strumenti musicali, costruite e impaginate secondo schemi armonici o modelli geometrici e matematici.
Paul Klee, At night, 1921
Il fascino esercitato dal puro nitore compositivo dei suoi contrappunti, l’idea di un’arte senza oggetto, la crescente rinuncia alla visualità, trovano riscontro nell’aspirazione della pittura a raggiungere l’immaterialità e l’astrazione delle sue fughe.
Anche col Neoplasticismo e la sua ricerca di razionalità e purezza formale si avverte la presenza importante della musica, in particolare nel rimando a ritmi visivi.
Vasilij Kandinskij, La grande porta, 1928
Se i titoli dei suoi dipinti riprendono spesso il lessico musicale, nei suoi saggi l’artista russo sviluppa il concetto di “opera d’arte monumentale”, costituita da colore, suono e movimento della danza.
Se la struttura di un quadro di Kandinskij consiste in colori accostati oltre ogni principio noto di armonia, nelle composizioni di Schönberg l’assenza di distinzione tra linee e colori corrisponde a quella tra melodia e armonia.
Tutto questo mentre Kupka prosegue le sue ricerche per arrivare a una pittura in cui la musica diventi modello per una liberazione definitiva dall’imitazione della realtà.