MOSTRA PASSATA

L’ALBA DI UN NUOVO CLASSICISMO

Alla scoperta del Renoir meno noto

Non solo il grande impressionista: una mostra rivela che Renoir è stato anche molto altro.

Pierre-Auguste Renoir (1841 – 1919) è famoso soprattutto per essere stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo ma questa fase della sua carriera fu in realtà piuttosto breve. Dopo un viaggio in Italia avvenne in lui una rivoluzione creativa che lo portò a rivolgere il suo sguardo al passato per dipingere in un possente stile neorinascimentale, sviluppando una “moderna classicità” che ne ha fatto il precursore delrichiamo all’ordine” che avrebbe caratterizzato l’arte tra le due guerre. La mostra si concentra su questa seconda fase della sua carriera, mettendo a confronto le sue opere con quelle di artisti italiani come Marino Marini, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis e molti altri.

Alla scoperta di un altro Renoir

Un grande classico, oltre l’Impressionismo

Il momento di svolta nella carriera di Renoir (1841-1919) è il viaggio in Italia del 1881 e 1882: partito dalla Venezia di Carpaccio e Tiepolo, ebbe una meta fondamentale a Roma, dove Renoir venne travolto dalla forza della luce mediterranea e sviluppò un’ammirazione profonda per i maestri rinascimentali, in particolare per Raffaello. Prima di terminare a Palermo, il viaggio lo portò nel golfo di Napoli: qui Renoir scoprì le pitture pompeiane e fu soggiogato dai capolavori di arte antica esposti nel museo archeologico. Tutte queste esperienze avviarono in lui una sorta di rivoluzione creativa che lo portò ad abbandonare la tecnica e la poetica impressioniste: impermeabile alle mode del momento, Renoir guardò al passato per sviluppare una pittura neorinascimentale che molti, superficialmente, interpretarono come il tramonto del grande artista dopo gli splendori impressionisti. In realtà, come svela il titolo della mostra, era l’alba di un nuovo classicismo.

Pierre-Auguste Renoir, Paysage de Cagnes, 1905-1908

Renoir. L’alba di un nuovo classicismo

Due impressioni sbagliate. È per questo che è nata la mostra Renoir. L’alba di un nuovo classicismo: per correggere due impressioni sbagliate. La prima è che Pierre-Auguste Renoir (Limoges 1841- Cagnes-sur-Mer 1919) sia stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo…

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Pierre-Auguste Renoir, Après le bain, 1876

Uno sguardo italiano

Tra il 1881 e il 1882 Renoir fu infatti a Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Palermo: la luce del Mediterraneo, che illuminava non solo il paesaggio ma si irradiava dai capolavori dei maestri italiani del passato, si riverberò nei suoi occhi e impressionò il suo animo a tal punto che, dopo quel viaggio in Italia, nelle sue opere germogliarono i semi di una ‘classicità’…

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Pierre-Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette (studio), 1875-1876

Il Renoir impressionista

In principio fu l’Impressionismo: la nuova corrente nacque a Parigi alla fine del 1873 e si concluse nel giro di pochi anni, già nel 1886. Del gruppo di fondatori faceva parte anche Renoir. Gli Impressionisti dipingevano in un modo che aspirava a riprodurre l’aspetto mutevole delle cose…

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Giuseppe De Nittis, L’amaca, 1884

Gli italiani a Parigi durante la stagione impressionista

Uno degli obiettivi di questa mostra è anche evidenziare il doppio filo che lega Renoir all’Italia, e lo fa anche mettendo a confronto l’opera del francese con quella di alcuni artisti italiani, coevi o di generazioni successive…

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Pierre-Auguste Renoir, La baigneuse blonde, 1882

I primi ripensamenti di Renoir sull’Impressionismo

L’Italia fu una tappa fondamentale nel percorso artistico di Renoir: nel 1881, scosso da una profonda inquietudine creativa, l’artista decise di fare un tour in terra italiana che ebbe come prima tappa Venezia…

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Pierre-Auguste Renoir, Portrait de Richard Wagner, 1900

Renoir e Wagner

Un episodio singolare del viaggio italiano di Renoir ebbe luogo nel gennaio del 1882 a Palermo, ultima tappa del suo personale grand tour: nella città siciliana, infatti, in quei giorni soggiornava anche il famoso compositore tedesco Richard Wagner…

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Cennino Cennini, Le Livre de l’Art ou Traité de la Peinture, 1940,
lettera introduttiva di Pierre-Auguste Renoir

“Il Libro dell’Arte” di Cennino Cennini

Nel 1883 una lettura importante per Renoir è quella del trecentesco Libro dell’Arte di Cennino Cennini, nella traduzione francese di Victor Mottez, già allievo di Ingres. Sarà lo spunto per compiere sperimentazioni con i colori, i leganti, i pennelli e per ragionare sulla tecnica pittorica…

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Pierre-Auguste Renoir, Femme s’essuyant, 1912-1914

Un moderno classicismo

Mentre le tendenze dominanti di fine Ottocento virano verso il Postimpressionismo e il Simbolismo, Renoir, in direzione ostinata e contraria, segue un percorso tutto suo e inizia a praticare uno stile neorinascimentale nel quale confluiscono i toni caldi e scintillanti di Rubens, la devozione a Ingres e l’influenza dei maestri italiani del passato….

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Pierre-Auguste Renoir, Nu au fauteuil, 1900

Le bagnanti

Il tema delle bagnanti, e più in generale del nudo femminile, era già stato affrontato da Renoir sia nella Baigneuse s’arrangeant les cheveux, nel quale la pennellata allungata e morbida e i colori madreperlacei rimandano ancora a una fase precedente, sia nel Nu au fauteuil, che ha un sapore più ‘borghese’ e domestico….

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Pierre-Auguste Renoir, Mythologie, personnages de tragédie antique, 1895

Un Renoir collezionato da Picasso

L’attenzione di Renoir per la mitologia classica è riscontrabile nelle due acqueforti dedicate a Scamandro, dio fluviale citato nell’Iliade, ma soprattutto in una tela del 1895, che entrò poi a far parte della collezione di Pablo Picasso…

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Pierre-Auguste Renoir, Maisons de village, toits rouges (Essoyes), 1905

I paesaggi di Renoir

Pur ritenendosi prevalentemente un ‘pittore di figure’, Renoir si dedicò anche al paesaggio sia durante la stagione impressionista che, in seguito, dopo i viaggi nel Midi, in Algeria e in Italia, e l’acquisto prima di una casa a Essoyes e poi di una tenuta a Cagnes-sur-Mer…

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Pierre-Auguste Renoir, Roses dans un vase, 1900

La natura morta

“Fleurs”: si dice che sia stata questa l’ultima parola pronunciata da Renoir il giorno della sua morte, il 3 dicembre 1919, riferita all’intenzione di dipingere una composizione di fiori. Quello floreale è un soggetto col quale si era già cimentato in gioventù e che aveva ripreso dopo la fase impressionista

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Pierre-Auguste Renoir, Tête d’enfant (Portrait de fillette), s.d.

Il ritratto femminile

L’attenzione di Renoir alla figura femminile è proverbiale, e l’artista era anche abilissimo nel liberare da ogni imbarazzo le persone che posavano per lui, guadagnandosene la simpatia con paziente gentilezza…

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Pierre-Auguste Renoir, Gabrielle, 1910

Gabrielle e il mondo degli affetti familiari

Nel 1894 si trasferisce in casa di Renoir, come bambinaia, la giovane Gabrielle Renard, cugina di Aline Charigot, moglie dell’artista. Da subito diventa la modella preferita del pittore e sviluppa un legame molto forte con il suo secondogenito, e futuro regista, Jean

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Pierre-Auguste Renoir, Le chapeau épinglé, 1894 (?)

Renoir incisore e litografo

A partire dal 1890 Renoir si dedica anche all’incisione: dopo le prime difficoltà nel rendere la propria tavolozza cromatica con questo mezzo, decide di adottare una ‘linea chiara’ a solo contorno

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Renoir. L’alba di un nuovo classicismo

Pierre-Auguste Renoir, Paysage de Cagnes, 1905-1908

Due impressioni sbagliate. È per questo che è nata la mostra Renoir. L’alba di un nuovo classicismo: per correggere due impressioni sbagliate. La prima è che Pierre-Auguste Renoir (Limoges 1841- Cagnes-sur-Mer 1919) sia stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. O meglio: che sia stato solo quello.

Certo, è vero che all’inizio del suo percorso creativo fu tra i fondatori di quella corrente artistica, ma è anche vero che ben presto se ne allontanò per seguire una strada tutta sua. La seconda impressione errata è che quella strada, diretta com’era verso un passato classico, fosse il viale del tramonto di un artista che non aveva più niente da dire.

Le opere di questa mostra dimostrano invece che quella strada andava indietro solo in apparenza, mentre in realtà conduceva in avanti. E non fu solo una strada metaforica ma reale, fatta di ghiaia, polvere e sassi, che Renoir percorse sulle orme di tanti artisti che, un secolo prima, lo avevano preceduto: era la strada del grand tour, e portava in un luogo senza il quale l’arte e la cultura del mondo non esisterebbero come li conosciamo: l’Italia.

Uno sguardo italiano

Pierre-Auguste Renoir, Après le bain, 1876

Tra il 1881 e il 1882 Renoir fu infatti a Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Palermo: la luce del Mediterraneo, che illuminava non solo il paesaggio ma si irradiava dai capolavori dei maestri italiani del passato, si riverberò nei suoi occhi e impressionò il suo animo a tal punto che, dopo quel viaggio in Italia, nelle sue opere germogliarono i semi di una ‘classicità’ che a molti diede un’impressione di decadenza, di crisi dopo gli splendori impressionisti.

Ancora un’impressione, ancora errata. Le opere in mostra, infatti, risalenti alla fase matura e finale della sua carriera, pacate, sontuose e spesso monumentali, rivelano l’esatto contrario: col suo guardare al passato, Renoir si sarebbe rivelato un anticipatore del futuro.

Un precursore sia degli sviluppi successivi dell’arte del Novecento (ad esempio del ‘ritorno all’ordine’ che sarebbe esploso verso la fine degli anni dieci in reazione alle avanguardie) sia di quella ‘moderna classicità’ che sarebbe stata perseguita da molti pittori e scultori degli anni dieci, venti e trenta, soprattutto in Italia. Non un artista al tramonto, bensì quello da cui si irradiò il primo raggio di luce che anticipava, come sottolinea il titolo della mostra, l’alba di un nuovo classicismo.

Il Renoir impressionista

Pierre-Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette (studio), 1875-1876

In principio fu l’Impressionismo: la nuova corrente nacque a Parigi alla fine del 1873 e si concluse nel giro di pochi anni, già nel 1886. Del gruppo di fondatori faceva parte anche Renoir.

Gli Impressionisti dipingevano in un modo che aspirava a riprodurre l’aspetto mutevole delle cose, l’impressione, appunto, prodotta sull’occhio dalla realtà fenomenica: non c’erano né impegno sociale e politico, né l’intento di comunicare particolari contenuti.

A questa prima fase della produzione di Renoir appartengono capolavori come Après le bain e Le Moulin de la Galette, nei quali l’artista si concentra soprattutto su due aspetti: il primo riguarda gli effetti della luce, ottenuti grazie all’uso del colore, evitando i toni scuri e sovrapponendo macchie di pigmento; il secondo è l’impressione di moto vorticoso della folla brulicante, data dal ricorso a linee oblique e mosse delle figure.

Gli italiani attivi a Parigi durante la stagione impressionista

Giuseppe De Nittis, L’amaca, 1884

Uno degli obiettivi di questa mostra
è anche evidenziare il doppio filo che lega Renoir all’Italia, e lo fa anche mettendo a confronto l’opera del francese con quella di alcuni artisti italiani, coevi o di generazioni successive.

Dei primi fanno senz’altro parte quelli presenti a Parigi durante la breve parabola dell’Impressionismo, come il romagnolo Giovanni Boldini; Giuseppe De Nittis, molto vicino per temi, tecnica e atmosfera alla nuova corrente; Federico Zandomeneghi, interprete sensibile di soggetti femminili, che si lega in particolare a Renoir e a Edgar Degas e, dal 1879, partecipa anche alle mostre del gruppo.

Fa invece storia a sé Medardo Rosso, che, arrivato a Parigi nel 1889, dà vita a uno stile scultoreo di originalità straordinaria che, con i suoi contorni sfaldati, sembra quasi evocare l’apparizione delle figure portando molti a considerarlo il più aderente corrispettivo plastico della
pittura degli Impressionisti.

I primi ripensamenti di Renoir sull’Impressionismo

Pierre-Auguste Renoir, La baigneuse blonde, 1882

L’Italia, come detto, fu una tappa fondamentale nel percorso artistico di Renoir: nel 1881, scosso da una profonda inquietudine creativa, l’artista decise di fare un tour in terra italiana che ebbe come prima tappa Venezia, dove fu affascinato da Vittore Carpaccio e da Giambattista Tiepolo (Tiziano e Veronese li aveva già ammirati e studiati al Louvre), e proseguì a Firenze.

Fu però il centro-sud a lasciare un segno profondo dentro di lui: se a Roma venne travolto dalla forza della luce mediterranea e dall’ammirazione per i maestri rinascimentali, a Napoli scoprì le pitture pompeiane e i capolavori antichi esposti al museo archeologico. Dopo un breve passaggio in Calabria, il viaggio si concluse a Palermo nel 1882, ma la sua eco continuò a vibrare nell’animo di Renoir, dando inizio a una rivoluzione creativa che lo avrebbe portato ad abbandonare per sempre sia la tecnica che la poetica impressioniste.

Tali effetti si notano già in un’opera del 1882, La baigneuse blonde, dove la modella Aline Charigot, sua futura moglie, è ritratta come una Venere, mentre i chiaroscuri sono frutto della scoperta da parte di Renoir dell’arte antica e degli affreschi di Raffaello alla Villa Farnesina di Roma. Le linee diventano più nette, i contorni definiti, le forme plastiche. Riprendendo anche la lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres, per il quale ha grande ammirazione, il pittore recupera un tratto nitido e un’attenzione alle volumetrie e alla monumentalità delle figure, creando una sintesi che evidenzia
la sua personale accezione di classicismo.

Renoir e Wagner

Pierre-Auguste Renoir, Portrait de Richard Wagner, 1900

Un episodio singolare del viaggio italiano
di Renoir ebbe luogo nel gennaio del 1882 a Palermo, ultima tappa del suo personale grand tour: nella città siciliana, infatti, in quei giorni soggiornava anche il famosocompositore tedesco Richard Wagner.

I due si
incontrarono: cordiale ma piuttosto freddo,
il musicista accettò di posare per un ritratto
ma non si concedette che per poco più di
mezz’ora. Il risultato fu un’opera che non
idealizza eroicamente il sogg etto e a Wagner
probabilmente non piacque, visto che la
descrisse così: “Sembra un embrione d’angelo
ingoiato da un epicureo che lo ha scambiato
per un’ostrica”.

“Il Libro dell’Arte” di Cennino Cennini

Cennino Cennini, Le Livre de l’Art ou Traité de la Peinture, 1940, lettera introduttiva di Pierre-
Auguste Renoir

Nel 1883 una lettura importante per Renoir è quella del trecentesco Libro dell’Arte di Cennino Cennini, nella traduzione francese di Victor Mottez, già allievo di Ingres.

Sarà lo spunto per compiere sperimentazioni con i colori, i leganti, i pennelli e per ragionare sulla tecnica pittorica. Quello che Giorgio de Chirico, parlando di sé, definirà “ritorno al mestiere”, per Renoir è un’ulteriore tappa di allontanamento dalla poetica impressionista.

Un moderno classicismo

Pierre-Auguste Renoir, Femme s’essuyant, 1912-1914

Mentre le tendenze dominanti
di fine Ottocento virano verso il
Postimpressionismo e il Simbolismo,
Renoir, in direzione ostinata e contraria,
segue un percorso tutto suo e inizia a
praticare uno stile neorinascimentale nel
quale confluiscono i toni caldi e scintillanti di Rubens, la devozione a Ingres e l’influenza dei maestri italiani del passato, il tutto coniugato a un’iconografia mitica e classicheggiante.

Quella che a molti
sembrò un’involuzione si rivelerà invece
una premonizione, anticipatrice di una
sensibilità che si sarebbe diffusa tra le due
guerre col nome di “ritorno all’ordine”.
È davvero un altro Renoir rispetto a quello
più noto e riduttivamente associato alla
breve stagione impressionista: armonioso,
legato alla tradizione eppure moderno.
Una lezione che in Italia sarà assimilata
sia da pittori (si veda il caso di de Chirico),
sia da scultori, come Marino Marini, Arturo
Martini ed
Eros Pellini.

Le bagnanti

Pierre-Auguste Renoir, Nu au fauteuil, 1900

Il tema delle bagnanti, e più in generale del nudo femminile, era già stato affrontato da Renoir sia nella Baigneuse s’arrangeant les cheveux (1890 circa), nel quale la pennellata allungata e morbida e i colori madreperlacei rimandano ancora a una fase precedente, sia nel Nu au fauteuil (1900), che ha un sapore più ‘borghese’ e domestico.

Ma è nella Femme s’essuyant (1912-1914) che la moderna classicità di Renoir appare evidente e riassume, col suo guardare a Rubens mentre tutt’attorno si scatenano le avanguardie, gli elementi del ‘nuovo ordine’ al quale, negli anni successivi, si sarebbero richiamati molti artisti. Tra gli italiani, in primis Giorgio de Chirico, che nella sua produzione dei primi anni trenta rende un omaggio esplicito al maestro francese, ma anche, meno scontato, Ferruccio Ferrazzi.

Un Renoir collezionato da Picasso

Pierre-Auguste Renoir, Mythologie, personnages de tragédie antique, 1895

L’attenzione di Renoir per la mitologia classica è riscontrabile nelle due acqueforti dedicate a Scamandro, dio fluviale citato nell’Iliade, ma soprattutto in una tela del 1895, che entrò poi a far parte della collezione di Pablo Picasso,

Mythologie, personnages de tragédie antique, in cui personaggi della tragedia antica si dispongono sulla superficie come palinsesti di una pittura murale pompeiana.

I paesaggi di Renoir

Pierre-Auguste Renoir, Maisons de village,
toits rouges (Essoyes), 1
, 1905

Pur ritenendosi prevalentemente un ‘pittore di figure’, Renoir si dedicò
anche al paesaggio sia durante la stagione impressionista che, in seguito, dopo i viaggi nel Midi, in Algeria e in Italia, e l’acquisto prima di una casa a Essoyes nel 1898 e poi di una tenuta a Cagnes-sur-Mer, in Costa Azzurra, nel 1907.

Benché fosse uno dei soggetti più difficili da rendere sulla tela, la possibilità di dipingere all’aria aperta lo rendeva felice trasmettendo gioia alla sua pennellata: in Antibes o Jeune fille et enfant dans un cadre champêtre (1900 circa) e in Jeune fille en rose dans un paysage (1903 circa) sembra di ravvisare un’eco delle scene bucoliche di Camille Corot.

Le opere esposte coprono un arco cronologico che va dal 1892 (con La Seine à Argenteuil, omaggio a un luogo di ormai lontane ascendenze impressioniste) al 1913 circa. Salvo che per quell’unico richiamo alla Senna, e dunque ai dintorni di Parigi, si tratta di vedute realizzate nel sud della Francia, in particolare a Cagnes-sur-Mer, dove Renoir dimorò negli ultimi anni della sua vita, innamorato della luce del Midi come già gli era successo anni prima con quella dell’Italia.

La natura morta

Pierre-Auguste Renoir, Roses dans un vase, 1900

“Fleurs”: si dice che sia stata questa l’ultima parola pronunciata da Renoir il giorno della sua morte, il 3 dicembre 1919, riferita all’intenzione di dipingere una composizione di fiori. Quello floreale è un soggetto col quale si era già cimentato in gioventù e che aveva ripreso dopo la fase impressionista.

“Dipingere fiori riposa il mio cervello”, ebbe a dire, “non mi costa lo stesso sforzo intellettuale di quando ho davanti una modella.
Quando dipingo fiori, pongo sulla tela toni di colore, sperimento audaci valori, senza preoccuparmi di sprecare una tela. Con una figura umana non oserei tanto”.
La citazione aiuta a comprendere lo spirito col quale si era riavvicinato al tema, ma forse risulta un po’ riduttiva se si osserva un dipinto come Roses dans un vase (1900), dove la bellezza carnosa della pennellata costruisce le forme e dà loro corpo e plasticità.

È interessante qui mettere a confronto le nature morte di Renoir con quelle di tre artisti italiani, come Filippo de Pisis, che all’inizio degli anni trenta matura una sorta di ‘stenografia pittorica’ giocata su pennellate nervose, intersecantesi in un intrico di segni ariosi su fondi chiari; il lombardo Arturo Tosi, con il suo intimismo naturalistico; e il ligure Enrico Paulucci, che nel pieno degli anni trenta guardava ai grandi francesi della generazione precedente anche in contrapposizione all’atteggiamento di chiusura nazionalistica che aveva ormai assunto molta arte italiana del tempo.

Il ritratto femminile

Pierre-Auguste Renoir, Tête d’enfant
(Portrait de fillette)
, s.d.

L’attenzione di Renoir alla figura femminile è proverbiale, e l’artista era anche abilissimo nel liberare da ogni imbarazzo le persone che posavano per lui, guadagnandosene la simpatia con paziente gentilezza.

I suoi ritratti, soprattutto nell’ultima fase della carriera, più che psicologici sono un’esaltazione ammirata della bellezza, al punto che i volti risultano quasi inespressivi. Ne è un esempio il ritratto della collezionista Adèle Besson, dove la mancanza di precisione è compensata dalla forza cromatica e dalla capacità di coagulare la figura della donna con lo sfondo indefinito, spogliandola di ogni status sociale fino a renderla ‘natura pura’.

E continuando nel gioco dei confronti con l’Italia, una traccia dell’inespressività atemporale dei volti delle donne di Renoir si può ritrovare, ad esempio, negli occhi realizzati in pasta vitrea di Giuliana (1942), bronzo di Antonietta Raphaël Mafai.

Gabrielle e il mondo degli affetti familiari

Pierre-Auguste Renoir, Gabrielle, 1910

Nel 1894 si trasferisce in casa di Renoir, come bambinaia, la giovane Gabrielle Renard, cugina di Aline Charigot, moglie dell’artista. Da subito diventa la modella preferita del pittore e sviluppa un legame molto forte con il suo secondogenito, e futuro regista, Jean.

I vent’anni che Gabrielle passerà in famiglia saranno per Renoir anni felici: nonostante il peggioramento delle sue condizioni di salute, l’affetto dei suoi cari sarà per lui una costante fonte di gioia e armonia. Molti sono i dipinti e i disegni che raffigurano Jean e Gabrielle, e non manca nemmeno il primogenito Pierre:

tra questi meritano una segnalazione il quasi sconosciuto Portrait de Gabrielle e il disegno a sanguigna Jean Renoir dans les bras de Gabrielle, colmo di grazia e poesia, un esempio di sapiente equilibrio, di misura veramente classica, tra morbidezza e linearismo ingresiano. Ma il capolavoro è la Gabrielle del Petit Palais di Ginevra, summa dei canoni del ritratto femminile renoiriano.

Renoir incisore e litografo

Pierre-Auguste Renoir, Le chapeau épinglé, 1894 (?)

A partire dal 1890 Renoir si dedica anche all’incisione: dopo le prime difficoltà nel rendere la propria tavolozza cromatica con questo mezzo, decide di adottare una ‘linea chiara’ a solo contorno.

Un ruolo non indifferente nella sua produzione di incisore ebbero l’esperienza e la bravura del suo stampatore, Auguste Clot, che inventò la tecnica del papier à report, che gli consentiva di lavorare sulla carta invece che sulla pietra, eliminando il problema della grana calcarea: Le chapeau épinglé ne è uno dei risultati più elaborati.

Eppure, reso merito alla maestria di Clot, le acqueforti eseguite direttamente da Renoir una volta presa dimestichezza con i processi di stampa giustificheranno il giudizio di Henri Loÿs Delteil, che parlò di una “grazia innata, di un’innocenza e freschezza che appartengono soltanto a lui”.

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