29 Marzo 2023
Il Renoir meno conosciuto: all’origine di una classicità moderna

a cura di Paolo Bolpagni
In viaggio verso un nuovo stile
Pierre-Auguste Renoir è stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Questa fase della sua produzione, senza dubbio la più nota al grande pubblico, fu però, a ben vedere, piuttosto breve, e caratterizzata anche da una certa disparità di vedute con Claude Monet, Camille Pissarro ed Edgar Degas. Già verso la fine degli anni Settanta Renoir era tormentato dall’insoddisfazione, dal bisogno di trovare vie alternative. Il viaggio compiuto in Italia nel 1881-1882 fu importante nel fargli voltar pagina: da qui, dalla luce di Venezia e del Mediterraneo, dalla lezione dei grandi maestri del passato (Carpaccio, Raffaello, Tiziano, Rubens, Tiepolo, Ingres) e dalle riflessioni sulla tecnica pittorica suggeritegli dalla lettura del Libro dell’Arte di Cennino Cennini nacquero i germi di una sorta di nuova classicità.
Giambattista Tiepolo, Abramo e gli angeli
«Una luce stupenda che non si trova in nessun quadro moderno»
Renoir arrivò così ad anticipare, via via, non pochi aspetti del fenomeno del “ritorno all’ordine” che sarebbe esploso verso la fine degli anni Dieci del Novecento in reazione alle avanguardie. Insomma, la fase matura e poi conclusiva della sua carriera non fu affatto un periodo di decadenza, ma anzi si rivela quasi, con le opere pacate, sontuose e spesso monumentali che la connotano, un presagio di sviluppi successivi dell’arte. Ci troviamo di fronte a un’autocritica, a un rinnegamento degli obiettivi dell’Impressionismo? Non proprio, perché in realtà uno dei problemi che continua a tormentare Renoir è quello della luce, di come catturarla sulla tela. Il tema è un altro, e concerne il “metodo”, la via da seguire per raggiungere tale scopo; una finalità, che, in sé, non muta di molto. In una conversazione con il celebre mercante Ambroise Vollard l’ormai anziano artista ripercorrerà il travaglio di simili ripensamenti, affermando, secondo quanto riportato, che «dipingendo direttamente dal vero, il pittore cerca solo l’effetto, non studia più la composizione e presto cade nella monotonia». Renoir menziona poi alcuni maestri della nostra tradizione: «Andate a vedere i Tiziano al Museo di Madrid! […] In Italia, che è un paese caldo, la natura non sa di chiuso. Nelle Nozze di Cana del Veronese, nei Nudi del Tiziano c’è una luce stupenda che non si trova in nessun quadro moderno». La conclusione è una lode dei grandi artisti che, «facendo la natura più semplice, l’hanno resa più grande».
Veronese, Nozze di Cana
Una soleggiata arcadia
A partire dalla fine degli anni Ottanta Renoir, malgrado i periodici momenti di dubbio sulla propria produzione, ha ormai maturato un linguaggio inconfondibile, nel quale il recupero delle volumetrie, della plasticità delle figure e della saldezza della composizione si unisce a un cromatismo fiorente e opulento, spesso morbido e soffuso, che in vecchiaia diventerà talvolta materico, anche per via delle modalità di lavoro cui sarà costretto dall’artrite deformante (bloccato sulla sedia a rotelle, con le mani rattrappite dalla malattia, per dipingere dovrà farsi legare i pennelli ai polsi o incastrarli tra le dita). Parigi è via via abbandonata in favore di Essoyes, paese d’origine della moglie Aline Charigot, e poi soprattutto della Provenza e della Costa Azzurra, dove trovò nella tenuta “Les Collettes” di Cagnes-sur-Mer la dimora ideale per gli ultimi anni: ricca di vegetazione, vi si vedevano il vecchio borgo e il mare. Renoir si era ormai votato a un’appassionata ricerca della bellezza, di un’eterna soleggiata arcadia, non tentando di ridar vita alle regole classiche delle proporzioni, né di costruire, secondo canoni accademici, ideali figure pseudo-antiche, ma conformandosi alla natura. In molti se ne ricorderanno, e la sua originale fusione di tradizione e modernità produrrà numerosi e durevoli frutti.
Pierre-Auguste Renoir, Baigneuse s’arrangeant les cheveux
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“Renoir. L’alba di un nuovo classicismo” a Rovigo