14 Giugno 2023
Pierre-Auguste Renoir a Rovigo: dialoghi con artisti italiani coevi
a cura di Paolo Bolpagni
Spadini, il “Renoir d’Italia”
Dall’inizio del Novecento, in particolare dal 1904, anno della trionfale mostra al Salon d’Automne, Renoir è diventato per molti giovani artisti un punto di riferimento cui riallacciarsi. Anche in Italia c’è chi guarda a lui. Tra i primi e migliori, probabilmente, Armando Spadini, che, rimasto estraneo alla destrutturazione dell’immagine attuata dalle avanguardie, si confronta negli anni Dieci con la tradizione del Rinascimento italiano e con la più recente lezione dei maestri francesi divenuti famosi con l’Impressionismo. E in particolare, appunto, con Renoir, al quale è paragonabile per l’attenzione alla figura, al ritratto, al mondo dell’infanzia, alle scene domestiche e familiari (i soggetti prediletti sono la moglie e i figli), nonché per la scioltezza compositiva e per le cromie cangianti e ricche di trasparenze. Il nazionalistico rinnegamento che troviamo espresso in una lettera di Spadini a Ugo Ojetti nel 1919 («se avessi avuto la testa più dura non mi sentirei macchiato ora da quel mezzo periodo che ho avuto di impressionismo che è l’unica mia colpa di italiano») nulla toglie alla felicità di una produzione che fa di lui – prima della “riscoperta” che compirà, cogliendo altri e differenti caratteri, Giorgio de Chirico – forse il più renoiriano dei nostri pittori.
Armando Spadini, Bambina tra i fiori
Confronti a distanza
In mostra a Palazzo Roverella abbiamo voluto creare anche “cortocircuiti” visivi, a titolo esemplificativo, con artisti diversi, come il lombardo Arturo Tosi, il ferrarese (ma Italien de Paris) Filippo de Pisis, il romano Ferruccio Ferrazzi, il genovese-torinese Enrico Paulucci, il bolognese Bruno Saetti, con il Carlo Carrà naturalista degli anni Trenta e, per la scultura, con Marino Marini, Arturo Martini, Eros Pellini, Antonietta Raphaël Mafai. Sono suggestioni, è ovvio, né vanno cercati legami precisi o influssi diretti e documentabili. Renoir – in special modo quello della produzione matura e tarda, dalle volumetrie salde e modernamente classicheggianti – era ormai entrato nell’immaginario visivo di tutti coloro che agli impeti dell’avanguardia preferivano l’ancoraggio a valori più certi e stabili.
Filippo de Pisis, Dalie
Giorgio de Chirico: dopo la Metafisica c’è Renoir!
Il rimando è inequivocabile per de Chirico, che alla fine degli anni Dieci, nel tornare al “mestiere” e alla tradizione, nel guardare al museo, nel recuperare l’antico dopo la conclusione dell’esperienza della Metafisica, trova proprio in Renoir un esempio, un precursore, «genio puramente meridionale», campione di una diversa modernità, di una linea alternativa a quella discesa per li rami da Cézanne. Per individuare nella sua opera artistica una riconoscibile ricaduta di tali richiami occorrerà però attendere qualche anno: i primi accenni a una pittura sfioccata e trasparente, dai tocchi intrecciati, si notano a partire dal 1927-1928, soprattutto nei Gladiatori, ma l’ispirazione renoiriana diverrà manifesta subito dopo in una serie di nudi di donna al torno del decennio. Fra una tela rubensiana come la Femme s’essuyant del 1912-1914, uno degli ultimi capolavori del maestro francese, e l’Arianna a Nasso eseguita da Giorgio de Chirico nel 1932 rinveniamo quindi un’affinità e, nell’intenzione di quest’ultimo, un omaggio esplicito al Renoir “anti-impressionista”, fondatore di una visione di moderno classicismo e di una pittura sontuosa, mediterranea, densa di vibrazione, che Pablo Picasso aveva peraltro già sperimentato all’inizio degli anni Venti.
Giorgio de Chirico, Arianna a Nasso
Renoir: un pittore “classico”
Come scrisse lo studioso Carlo Ludovico Ragghianti nel 1944, nell’ultimo scorcio della sua carriera l’arte dell’anziano maestro si era fatta «panica e augusta, spogliandosi di ogni psicologia e di ogni contingenza per un canto puro di un’ampiezza trionfale», mentre lo stile era diventato «cosmico, di una violenza di ispirazione, di una unità greve e corale che non hanno confronti, e che lo pongono fra i più grandi creatori di ogni tempo».
Pierre-Auguste Renoir, Portrait d’Adèle Besson
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“Renoir. L’alba di un nuovo classicismo” a Rovigo